Le Petit Cambodge, un ristorante plastic free a Parigi

3 Marzo 2022
Tempo di lettura 5 minuti

Chi sei? Di cosa ti occupi?

Sono Simon Octobre, gestisco Le Petit Cambodge da 10 anni, tra le altre cose, ho messo su un ”gastro“ sei anni fa che è stato venduto, con i miei soci, due anni fa che mi permette oggi di concentrarmi su questo progetto, su questo sviluppo, lancio del impegno e di tutto ció che proviamo a concretizzare.

ristorante plastic free: Le Petit Cambodge
le petite cambodge pfc

Tre parole che mi descrivono: io penso che imprenditore sia una parola che bisogna citare facendo seguito alle cose che ho detto, direi impegnato e determinato che sono delle parole che caratterizzano questo impegno quotidiano nell’impresa e nelle attività ad essa connesse.

Indica una frase che ti rappresenti.

Non è una mia frase, ma di una cliente storica del ristorante con cui parlavo sempre di molte cose, che aveva sempre un parere su tutto, ed era molto interessante perché era stimolante, un'anziana architetta che aveva appeso nel suo ufficio: “Fare del bene è normale e doveroso". Ho discusso per molto tempo con lei sul perché, sul come ciò avesse un impatto sulla motivazione dell'equipe, sull'impegno della gente, e alla fine le ho chiesto se poteva ritrovare quella frase affinché potessi appenderla anch'io (nel mio ristorante). Oggi cerchiamo di applicare questa (frase) a tutto quello che facciamo e ciò ci motiva nel nostro processo di sviluppo e di eliminazione (della plastica) e quindi è per noi oggi una frase importante.

Quando hai deciso di scegliere PFC?

La riduzione della plastica è una questione che cerchiamo di risolvere da molto tempo nel nostro modo di fare: lavoravamo moltissimo con l'asporto, nel ristorante di cucina asiatica usavamo vassoi in plastica, un po' come tutti. Abbiamo iniziato a renderci conto dell’aberrazione che aveva tutto ciò e abbiamo cominciato a cambiare, a concretizzare delle cose ed è stato in quel momento che abbiamo sentito l’annuncio di plastic free certification con Mauro Colagreco che è il primo ristorante che ha partecipato alla creazione di questa certificazione. Quindi ci siamo detti tanto vale unirsi a questa certificazione, perché più saremo più (l'obiettivo) sarà possibile, sperando che ciò produca un effetto a catena, che convinca altre persone ad aggiungersi infine a questo movimento di trasformazione del nostro modus operandi.

Quale problema volevi risolvere?

È un problema piuttosto esteso, ma la questione che ci si poneva che era all'origine di tutto ciò è come sviluppare questa impresa, con il minor impatto ambientale possibile, ossia, come immaginare la crescita dell'impresa in maniera responsabile.

Quali benefici volevi ottenere?

Noi siamo in questa dinamica di certificazione per avere la validazione dai nostri pari, da un ispettore e della qualitá’ di ciò che mettiamo in pratica, la qualitá delle azioni che sono condotte, ed è stato anche che bisogna tenere conto delle idee che finalmente altre persone hanno avuto che ci consentiranno di avanzare, per parlare della realtá di questa certificazione, il cambiamento della plastica, la soppressione della plastica nel processo sono cose che effettivamente abbiamo messo in pratica. Ora, Plastic Free ci ha spinto a mettere in pratica delle cose (procedure) che sono a monte, presso i nostri fornitori, ed in particolare la pedagogia nei confronti dei nostri dipendenti.

Quali difficoltà hai incontrato/stai incontrando?

La più grande difficoltà oggi è trovare delle alternative, delle alternative in termini di prodotti. Ad esempio nel caso della pellicola di plastica, parliamo di una difficoltà finanziaria, perché bisogna investire in un materiale che ci consenta di non utilizzare più la pellicola in plastica. Per quanto riguarda la nostra attività d'asporto si tratta di trovare degli imballaggi alternativi che siano disponibili in volumi sufficienti e in ogni momento, perché (da questo punto di vista) la plastica è (un materiale) "facile" per non dire "fantastico".

Quindi per me la più grande difficoltà è questa: trovare un'alternativa a dei prodotti a cui siamo abituati e la seconda più grande difficoltà è far passare questo messaggio di cambiamento ai nostri dipendenti, per riuscire a coinvolgerli in questo processo, spiegando loro che è un progetto dell'azienda, ma che ha anche un impatto su loro stessi dato che sono parte attiva di questa azienda e che cambiare le proprie abitudini è importante, anche nella loro quotidianità (una volta a casa).

A chi consiglieresti questa certificazione?

Io raccomanderei questa certificazione ad ogni persona, impresa, dirigente d'impresa o responsabile dello sviluppo d'impresa, consapevole che l'attività d'impresa ha un impatto sull'ambiente e che desidera cambiare le cose. A chi pensa allo sviluppo futuro della propria impresa, unendo crescita e responsabilità ambientale.

Raccontaci di un luogo che ami e che vorresti difendere

È un po' un cliché ma penso che oggi sia una grande questione quella dell'Oceano. Anch'io, come molti bambini della mia generazione, ho iniziato a scoprire il mondo sottomarino, o comunque gli oceani, guardando il mondo del silenzio (le Monde du silence) di Jacques Cousteau, che ha rappresentato un primo contatto, una prima finestra aperta su un mondo che ci è stato nascosto fino ad oggi. Questo ci ha permesso di scoprire un ambiente e uno spazio meraviglioso, ma anche ciò che rischia essendo comunque uno spazio nascosto (lontano dagli sguardi).  Non ci rendiamo conto di ciò che scarichiamo nei mari, non ci rendiamo conto dell'impatto che abbiamo su questo ecosistema. Io penso che questo processo di sviluppo responsabile (sia) un processo che fa uscire da questo utilizzo facile della plastica e di tanti altri oggetti monouso... Oggi non ci si rende conto che tutto finisce in mare, che i fiumi finiscono in mare, che tutto si riversa in mare, perché (il mare) è uno spazio nascosto, quindi oggi è molto importante insistere su questa cosa (il processo di sviluppo responsabile).

Quando ti sei innamorato la prima volta?

Penso - ed è gran parte della mia attività oggi - all’incontro con la Cambogia, al primo viaggio che ho fatto lì, questa mentalità, questa maniera di prendersi il proprio tempo, di rispettare l'ambiente, cose che purtroppo sono scomparse qui da noi e che stanno scomparendo anche lì. Questa cultura e questa tradizione spinge, nonostante tutto, le persone a vivere in armonia con l'ambiente.

Infine, per aiutarci a migliorare la certificazione: se avessi una bacchetta magica, cosa cambieresti della soluzione proposta da PFC?

Penso che non sia la soluzione proposta da PFC che bisogna cambiare, ma se avessi una bacchetta magica vorrei avere la possibilità di imporre a persone, aziende e organismi l'adesione a questa certificazione; che sia, ad esempio, attraverso l'introduzione di bonus e malus, che è anche un modo per incoraggiare le persone a farne parte... si potrebbe parlare di imporre o meno (queste misure), in ogni caso (vorrei) incoraggiare le persone ad entrare a far parte del meccanismo di questa certificazione, ma soprattutto incoraggiare le persone a comportarsi in maniera responsabile nei confronti dell’ambiente. Ripetiamo da diversi anni che abbiamo un progetto d’impresa ma anche un progetto sociale rivolto alla gente e alle persone che lavorano con noi, ma un domani sarà importante svilupparsi anche nel nostro ambiente (territorio) ed è questa oggi una questione sempre più rilevante.

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Grazie all'Università dell'Aquila è possibile conoscere quanti kg di CO2 equivalenti si risparmiano applicando la procedura di certificazione di Plastic Free Certification.
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